Il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha affrontato il tema del debito pubblico italiano: dai dati è emerso che il Bel Paese spende più soldi per gli interessi sul debito, rispetto a quelli che investe nell’istruzione: questi profili incongruenti preoccupano le famiglie e le imprese italiane, sempre più decise a Trasferirsi a Dubai, dove il governo investe sui cittadini e gli imprenditori che desiderano investire nel territorio.
Debito Pubblico Italiano in crescita
Il Governatore della Banca d’Italia ha analizzato il debito pubblico italiano, che si attesta intorno al 140% del Prodotto Interno Lordo (PIL), durante il Meeting di Rimini, un evento organizzato dal movimento cattolico Comunione e Liberazione.
Questo debito è il terzo più elevato tra i Paesi dell’OCSE, superato solo da Grecia e Giappone.
Panetta ha evidenziato che l’Italia destina una parte significativa del suo bilancio annuale per il pagamento degli interessi sul debito, affermando: «L’Italia è l’unico Paese dell’area euro in cui le spese per interessi sul debito sono quasi equivalenti a quelle per l’istruzione».
Secondo lui, questa situazione incide negativamente sul futuro delle nuove generazioni, limitando le loro opportunità.
Ma è davvero così?
La spesa annuale per gli interessi sul debito pubblico è equivalente a quella per l’istruzione in Italia?
E, soprattutto, questo dato rappresenta un primato in Europa?
Vediamolo insieme.
La Spesa per il Debito Pubblico Italiano
Ogni anno, gli Stati necessitano di ingenti somme di denaro per finanziare la spesa pubblica, e ciò può essere realizzato attraverso:
- Tasse
- entrate da imprese statali
- riduzioni di spesa
- l’emissione di debito sui mercati.
Quando un Paese opta per quest’ultima soluzione, emette titoli di debito, promettendo di restituire il capitale con un certo tasso d’interesse.
Questi titoli, noti come obbligazioni, possono essere acquistati da cittadini, banche e fondi d’investimento.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha progressivamente aumentato l’emissione di titoli sul mercato finanziario, portando il rapporto tra debito pubblico e PIL al 140% attuale.
Ogni anno, quindi, il Paese restituisce agli investitori una parte del loro capitale più gli interessi.
Le percentuali di queste spese sul PIL di ciascuno Stato membro dell’Unione Europea sono raccolte da Eurostat, l’ufficio statistico dell’UE, sotto la voce “Public debt transactions”, che include tutti i pagamenti di interessi e le spese relative a debiti e prestiti statali.
Secondo Eurostat, nel 2022, l’Italia ha pagato la percentuale più alta di interessi sul proprio debito pubblico all’interno dell’Unione Europea, con un valore del 4,4%, seguita da Ungheria (3%), Grecia (2,7%) e Spagna (2,4%).
La media per i 27 Paesi dell’UE è significativamente più bassa, fissata all’1,7%.
Il Confronto con la Spesa per Istruzione in Italia
Eurostat calcola anche la spesa totale per l’istruzione in relazione al PIL degli Stati membri.
A differenza degli interessi sul debito, l’Italia spende meno della media europea per l’istruzione: nel 2022, ha investito il 4,1% del PIL, contro una media del 4,7%.
La Svezia è il Paese che investe di più in istruzione pubblica (7,1% del PIL), mentre l’Irlanda è quello che spende meno (2,7%).
In sintesi, Panetta ha ragione nel paragonare la spesa italiana per gli interessi sul debito (4,4% del PIL) a quella per l’istruzione (4,1%), affermando che queste due voci di spesa sono pressoché equivalenti.
Inoltre, è corretto affermare che solo in Italia si verifica questa equivalenza, poiché altri Paesi con spese elevate per interessi sul debito, come Ungheria, Grecia e Spagna, investono comunque di più nell’istruzione pubblica (rispettivamente 5,1%, 3,8% e 4,4% del PIL).
Nel 2022, la spesa per interessi sul debito ha superato quella per l’istruzione pubblica di 0,3 punti percentuali.
Questo dato è significativo, considerando che, due anni fa, lo Stato ha pagato 83 miliardi di euro in interessi, come riportato nel Documento di economia e finanza (DEF).
È importante notare che le voci conteggiate nel DEF come “interessi passivi” non sono completamente sovrapponibili ai “Public debt transactions” di Eurostat, e quindi le percentuali del 2022 risultano leggermente diverse (4,2% nel DEF contro 4,4% in Eurostat).
Il documento economico del governo prevede un leggero calo della spesa per interessi nel 2023, ma si aspetta un aumento nei prossimi anni.
Pertanto, a meno di un significativo e inaspettato incremento della spesa pubblica per l’istruzione, il confronto del governatore della Banca d’Italia rimarrà valido anche in futuro.
Trasferirsi a Dubai per vivere in un’Economia Efficiente
Molte famiglie e imprese italiane sono ormai esasperate dalla crisi economica che da anni attanaglia il Paese e dalle scelte discutibili delle autorità, che sembrano non fornire soluzioni concrete e durature ai problemi del sistema economico nazionale.
Questa situazione di stallo ha spinto un numero crescente di italiani a guardare oltre confine, cercando nuove opportunità in Paesi dove il contesto economico è più favorevole e il governo è impegnato a garantire il benessere dei cittadini e a incentivare gli investimenti.
Tra le mete più gettonate spicca Dubai, che si distingue per:
- la sua stabilità economica;
- la bassa tassazione;
- le politiche governative orientate allo sviluppo e all’innovazione.
A Dubai, le autorità locali non solo promuovono un ambiente imprenditoriale dinamico, ma investono anche in infrastrutture e servizi di alta qualità, creando un ecosistema in cui famiglie e imprese possono prosperare.
Questo contrasto evidente con la realtà italiana rende Dubai una destinazione sempre più attraente per chi cerca un futuro migliore, lontano dalle incertezze e dalle limitazioni imposte da un sistema economico in difficoltà.